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Miei pensieri.

Senza titolo

Già, senza titolo perché se devi stare a pensare per più di due minuti a due o tre parole che descrivano sinteticamente uno stato d’animo senza trovarle vuol dire che quelle parole, sinceramente, non esistono. Nel mio caso non esistono perché quello che ho dentro è talmente sfaccettato, talmente multiplo, talmente diverso e allo stesso tempo uguale che probabilmente non ne basterebbero neanche mille. Ma non sono soltanto le parole che mancano: sono anche le idee, le speranze, la volontà. La volontà di muovermi, ad esempio: sono stato così tanto tempo, sino ad ora, fermo nella mia vita e nelle mie routinarie sicurezze che ho dimenticato come ci si muove, ammessi che l’abbia mai saputo. E il bello è che quando una di quelle persone più uniche che rare che ancora ha la santa pazienza di perdere tempo dietro ai miei deliri me lo fa notare mi permetto anche il lusso di negarlo. Non che non lo abbia, il piano, e sarebbe anche relativamente semplice; in una parola diciamo semplicemente “attuabile”. Eppure, è lì, ma non mi muovo. Perché? Perché la speranza mi abbandona. Si, ok, metto il piano in atto. Ma se non va? Diciamocelo: non può andare, ora come ora. Fino a poco tempo fa, neanche due settimane magari, era lì a portata di mano. E che faccio? Lo mando via. Lo spingo lontano da me, come se non mi importasse, salvo poi accorgermi che era proprio quello che avevo sempre voluto, che mi avrebbe forse reso finalmente libero da ciò che non voglio più essere. E ora sono senza idee per il futuro, ma non solo. Senza forze per crearmele, quelle idee.

Dopotutto, forse è meglio non aver trovato il titolo. Non sarebbero state belle, quelle due o tre parole.

Another year has left my life

O quasi, per lo meno…

Come al solito, le mie smanie tornano ciclicamente a scombussolare la mia vita. Dopo quella di Neverwinter Nights, fresca fresca di settimana, ecco pronta anche quella del blog.

E quindi ricominciamo tutto: pagati i 1200 crediti a Netsons che corrisponderanno più o meno ad un anno tondo tondo di hosting, ma non prima di aver consultato amici bloggatori e pezzi importanti della mia vita.

I cambiamenti, nel frattempo, sono stati abissali: l’ultimo post veniva scritto, se ben ricordo, dalla mia scrivania in quel di Carsoli con tante speranze e probabilmente ancora un bel po’ di entusiasmo residuo derivato dalla relativamente recente assunzione. Quasi un anno dopo di quell’entusiasmo non ho neanche il ricordo. Di cose probabilmente ne ho imparate tante, ma forse non quante ne volevo imparare affacciandomi in questo mondo.

Anche intorno a me ci sono stati cambiamenti, uno in particolare. Non è sicuramente il caso di parlare di meglio o peggio… ma senza ombra di dubbio si tratta ora di situazioni diverse. Quelli che forse non sono cambiati, ma forse si sono solo leggermente diversificati, sono i miei sogni. Che resteranno tali per chissà quanto.

Se siete arrivati fin qui… beh, complimenti, avete davvero fegato. Il riassuntino l’ho fatto, e come tutti i riassunti che si rispettano da solamente una vaga idea su ciò che è stato. Ma è questo il bello, altrimenti vorrebbe dire che in undici mesi non ho fatto praticamente nulla. Meglio pensare al futuro…

…E ora?

Chi mi conosce, sa di me una cosa sopra tutte: sono un insicuro. Ho bisogno che la mia vita poggi su basi solide e abitudinarie: basi pensare che ho pranzato per settimane con lo stesso pasto senza sentire neanche l’esigenza di cambiare. Bene, in quella ormai famosa notte del 6 aprile scorso (ma guardatemi, ne parli come se fosse già passata uma vita e mezza…) posso dire di aver visto crollare quelle fragili fondamenta che sostenevano la mia vita. Certo, sto bene e tutti lo stiamo in famiglia. Però ora, quando la “vacanza” inizia a volgere al termine, inizio ad avvertire ciò che sarà il futuro: un eterno, enorme, infinito dubbio. Dove andare? Dove completare gli studi? Dove continuare la mia vita? Avrò una vita da continuare? Se qualcuno avesse una o più risposte alle sopracitate domande, è pregato di segnalarle. Si ringrazia per la cortese collaborazione.

La magia è ancora in piedi

Come si fa a capire che, dopo una tale devastazione, è ancora possibile fare qualcosa per tornare a vivere? Per quanto mi riguarda, mi affido alla magia. Gli ingredienti, questa volta, sono i seguenti (in ordine sparso):

– Notte;
– Un’automobile da condurre, senza passeggeri;
– Il brano “Frail” di The Gathering, dall’album “How To Measure A Planet?“;
– La Strada Statale 194, nel tratto iniziale tra Modica e Marina di Modica.

Non credevo che dopo quei crolli e quelle vite spezzate qualcosa potesse essere anche lontanamente somigliante a prima. Invece, durante quei cinque minuti e quattro secondi, non c’era in me e intorno a me alcuna traccia di ciò che era successo. Persino le lucine erano al loro posto, all’orizzonte.

…Perché stasera va così…

Avete presente quelle serate in cui il tempo passa senza che voi possiate, ma in realtà vogliate, farci niente? Dopo un gran bel pomeriggio passato con i cugini bresciani della mia dolce metà, i quali mi hanno involontariamente ricordato al mio lato che anche persone fino a ieri sconosciute possono essere addirittura simpatiche, mi ritrovo ora seduto sul terrazzo, appena sfiorato dalla quasi immobile brezza notturna, ad ammirare la luna e a far viaggiare la mente verso luoghi quasi, o del tutto, irraggiungibili, immaginari e non. Il telefono, che nei momenti di attesa mi propone musiche suggestive e raffinate, ha appena squillato annunciandomi la chiamata di Manu, con la cui assistenza ho stilato il positivo bilancio della giornata odierna. Mio padre, sognatore al par mio, se ne sta in piedi sul balcone, con le gambe tra i vasi di mia zia contenenti piante che non imparerò mai a distinguere, sorseggia la sua bevanda e fa roteare il ghiaccio nel bicchiere, provocando un tintinnìo quasi ipnotico, immerso in chissà quali pensieri. Dentro, mio nonno seduto sul divano prorompe di tanto in tanto in una fragorosa risata, che ha più il sapore di un attimo di ilarità ritrovata che di effettiva attenzione verso la pellicola in bianco e nero che scorre davanti ai suoi occhi. Ecco, potete sentirla ora, questa serata, in cui è la luna stessa a fare da regista alle stelle che recitano tremolanti sull’oscuro palcoscenico del cielo di una notte estiva? Vi assicuro, è inebriante…

Storia di una vita che non verrà vissuta

Premessa: ottimisti vade retro. Questo post non è per voi.

Mi ero addirittura scordato di scrivere questo post. Già, l’avevo iniziato martedì scorso, subito dopo aver giocato la prima partita a calcetto; lo continuo oggi, dopo nove giorni, quando mi trovo a rifiutare un’altra partita. Ed eccomi qua, dunque, per l’ennesima volta. A non sapere più neanche cosa pensare, a non avere neanche il coraggio di trovare qualcosa a cui pensare. Il chiodo fisso è quello: sono stato sempre un fervido sostenitore della teoria secondo cui l’amore, quello vero, è uno nella vita. Bene, da una parte mi posso dire sistemato, ma non posso fare a meno di trasportare la cosa su un piano più individuale, ossia l’amore che riguarda una propria passione. Beh, la mia, se mi conoscete da almeno dieci minuti, la sapete tutti. Sapete anche che ho già sofferto per diciannove mesi, in passato, dopo uno dei “contrattempi” più gravi che può capitare a chi condivide la mia passione, e sapete anche che ne sono uscito egregiamente, meglio di prima addirittura. “Ho pagato il mi prezzo”, mi dicevo: credevo di aver saldato una sorta di conto che ritenevo aperto per il solo fatto di amare così tanto un fottuto pallone, e per il credere di essere in qualche modo ricambiato. E invece no: visto che non ci facciamo mancare niente, via di altro infortunio. Una spirale in discendendo, non la sinusoide di cui ho spesso parlato anche qui. “Sarà una cosa da niente, mi sto fermo un mesetto e mi curo”. Passa uno. Passa due. Passano otto. E la soluzione si allontana all’infinito, come se la galleria che sto percorrendo fosse dotata di binari e vada più veloce di me quel tanto che basta per far si che la veda allontanarsi di pochi centimetri giorno dopo giorno. Ecco la vita che non verrà vissuta, con molta probabilità: la mia su un rettangolo verde di erba sintetica. Già lo sento il dottore: “Ma perché non ti trovi un’alternativa?”. Non esiste un’alternativa, dottore mio. Al cuor non si comanda, lo dissero in tanti prima di me.

Avanti!

Per forza di inerzia o per volontà, poco importa. Quello che questa vita (aggiungete aggettivi dispreggiativi a piacimento) ci insegna appena può è che si può solo andare avanti. Beh, inutile dire che secondo saggi e maestri di vita è meglio andare avanti per volontà: tutti a dire “Ma si, che puoi farci, vai avanti” oppure “tira fuori gli attributi” et similia. Come se quello che mi stia capitando, di positivo e di negativo, fosse dipeso da me. “Reagisci”, dicono: certo, mi strappo un osso, lo depuro e poi lo rimetto dentro. Oppure penso ad altro: allo splendore che ogni giorno sostiene i miei passi, alla simil-carriera universitaria che più piano di una lumaca zoppa si trascina avanti (ma che ad ogni esame son soddisfazioni, non nascondo), al sogno di avere una casetta tutta mia. Pur senza disdegnare l’indietro, però, quando questo porta buoni frutti:  vecchi hobby che si  ripropongono, ma sotto nuove forme, ad esempio. Ma si, andiamo avanti. Per esempio, da ieri qualcosa è già cambiato: un giorno in meno al mio rientro sui campi. Vi pare poco, per uno che è fermo da 8 mesi quasi? A me no, per niente.

Avanti!

Federico, Stefano e quell’arrogante di Claudio

Ieri chiacchierando con mio padre, questi mi diceva: “Se inizi ad avere ricordi è brutto segno, vuol dire che invecchi…”. Una battuta innocente, messa lì… ma quanto ha ragione lo capisco solo ora. Scartabellando ho ritrovato dei riassunti scritti tre anni fa per il corso di Ingegneria del Software, a sei mani insieme appunto a Federico e Stefano. Tre anni fa, mille e poco più giorni. Ma quante cose sono cambiate… esternamente poche, devo ammettere. Ma io sono tutto diverso. Oppure sono rimasto lo stesso, ma le persone che avevo vicino hanno messo la freccia e, giustamente, mi hanno doppiato. Fatto sta che quella frase (i due sopracitati neanche la ricorderanno: “Federico, Stefano e quell’arrogante di Claudio porgono distinti saluti a tutti e colgono l’occasione per augurarvi un buon esame), messa li per goliardia, ora mi fa pensare a riflettere, e tutti sapete che quando rifletto impazzisco. Loro sono avanti, sono già “qualcuno”, mentre io sto qua ancora ad arrancare. Oltretutto, eravamo anche bel gruppetto, devo dire che di risate ce ne siamo fatte parecchie… l’unica differenza tra loro e me è che loro sapevano quando smettere di ridere e mettersi a lavorare. Chissà dove sarei ora se avessi avuto la loro stessa caratteristica… Ad iniziare già a pensare ai ricordi, o a continuare a lavorare per il futuro?

Cominciare e Ricominciare

Se ci fosse un corrispettivo estivo per l’Epifania, che tutte le feste (invernali) si porta via, potrebbe essere oggi. Ultimo lunedì di agosto, non ci sono più scuse: da oggi si ricomincia ufficialmente la “stagione”. Già da sabato e domenica con il campionato di calcio se ne avevano i sentori, ma ora è proprio evidente: si pensa agli esami, ricominciano gli allenamenti… Eh si, ci siamo. E meno male, iniziavo a sentire la mancanza della cara, vecchia quotidianità…

Le cose importanti

Mentre la mia città va letteralmente a fuoco, io sono qui al giro di boa della mia prima vacanza (eh si, le considero due vacanze diverse: vuoi mettere i tuoi amici e la tua ragazza invece dei nonni? 🙂 ). Tutto dovrebbe scorrere liscio, e invece… come al solito mi sto risparando tremile seghe mentali: sto spendendo una fracca di soldi per rimettere a posto il cellulare, ricomprando la cover nuova originale (perché quella tarocca è già andata a farsi benedire) a 40€, che dopo cinque giorni viene già graffiata proprio dalla protezione in plastica rigida che doveva farla durare mesi senza il minimo segno… quando si dice “il colmo”. La cosa più stupida, e che odio di più, è che già sto pensando a ricomprarla! Altri 30€, giusto perché ho soldi da buttare via! E poi, io che sono stato da sempre il più maldestro essere su sta terra con gli oggetti tecnologici (anche se ultimamente un pochino ci sto prendendo la mano), che buttavo il cellulare dove mi capitava, “tanto chi se ne frega”… metamorosi completa, tanto che ormai manco mi riconosco più. L’altra sfida da vincere è quella con la bicicletta: ce la devo fare. Non può essere che a 23 anni e mezzo devo avere ancora paura. Oggi la sistemo e poi vado. E che cavolo!