Ragazzi, che domanda. Da uscirci pazzi. Come l’altra volta non è una mia frase, ma una citazione di un telefilm (chi era sintonizzato su Italia 1 verso le 22.30 l’avrà colta sicuramente). Visto, però, che il discorso sui telefilm l’ho già fatto qualche mese fa, stavolta mi concentro sulla frase. È raro per me riflettere così tanto quando vedo un film, o un telefilm. Si, ok, ci sono alcune parole che mi colpiscono più di altre, ma farmi riflettere così profondamente su come potrebbe o non potrebbe essere la mia vita è difficile. Una domanda del genere, ad esempio, è capace di farmi perdere il sonno, di farmi passare pomeriggi inconcludenti solo per sperare di trovare un frammento di risposta. Come vorrei trascorrerlo? Mi viene da chiedermi tanti di quei dettagli, alcuni insignificanti, altri al limite dell’essenziale. Del tipo: con chi vorrei stare? Oppure, dove vorrei stare? Cosa vorrei stare facendo? Poi mi fermo un attimo e capisco che, dopotutto, è inutile pensarci. Come posso immaginare chi avrò al mio fianco in quel giorno, dove potrò stare o cosa avrò occasione di fare. Il che mi riporta ad un altra semplice ma drammaticamente irrisolvibile: quando verrà quel giorno? Certamente non pretendo di trovare la risposta… pazzo si, illuso no. E qui c’è il colpo di scena. Non è questa la domanda che mi fa arrovellare il cervello. La vera vincitrice è: perché non riesco a vivere senza chiedermi tutte queste cose?
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Ovvero il cinema del ventunesimo secolo.
“Niente vie di mezzo per te… Cieco ottimismo o autocommiserazione”
Come si sceglie un telefilm preferito? In base a cosa decidiamo “mi piace quel telefilm!”? Ve lo dico io come si fa… quando senti che una frase messa li per caso ti si stampa addosso e non ti lascia più… ecco come si fa. Quando distrattamente guardi la televisione, l’ennesima replica di quello che hai eletto a telefilm della tua vita, e ti giri dicendo “ma cavolo, stanno parlando di me?!”… ecco come si fa. Non è neanche una scelta, dopo tutto… come detto, è una cosa che ti si cuce addosso.