A volte si scrive perché si ha qualcosa dentro da dire, da urlare al mondo. A volte, invece, si scrive per urlare al mondo che abbiamo bisogno di qualcosa da dire. Sottile la differenza, è vero, ma per me stavolta è così. Ho bisogno di dire. Ho bisogno di essere considerato, di avere una posizione, di confrontarmi con altri, di dire la mia e ascoltare la loro. Ma non solo per questo. Anche solo per non lasciare i pensieri dentro di me a marcire, a morire senza mai vedere la luce. Sarebbe un delitto, un errore grandissimo. E di errori nella mia vita ne sto commettendo fin troppi, e malgrado continui a farne non riesco a imparare le lezioni che puntualmente arrivano come delle pallonate in faccia quando hai il viso gelato, quasi a farti perdere i sensi. L’unica consolazione è che un calciatore ne prende tante di pallonate in testa, nella sua carriera; forse io allo stesso modo dovrò commettere innumerevoli errori prima di imparare le lezioni che mi arrivano? La mia testa non ne sarà felice…
Luce – parte III
Terza e ultima parte, anche se è più una postilla alla seconda, un “balletto del te l’avevo detto” che parte da me e arriva nello stesso punto: come immaginavo, la lampadina si è effettivamente fulminata. Ma chi dice che non possa vivere di luce propria?
Pensavate avessi già mollato?
Ma neanche per sogno… piuttosto, mi sono ritrovato in questi giorni a riflettere ancora sulla luce. Stavolta non quella della galleria, ma quella di una semplice lampadina. Sarà, ma anche in essa trovo delle analogie con la sopracitata “questione tunnel”. Monti una lampadina, la provi accendendo l’interruttore e funziona. Tutto ok, la spegni, tanto ora non ti serve. Nel passare del tempo, magari degli anni, tutto bene: ogni volta che arriva il buio, basta un clic e la lampadina risolve tutti i tuoi problemi. Poi una sera come un’altra, dove il buio fa per ghermirti, pronto a saltarti addosso da ogni angolo della tua casa, le chiedi come di consuetudine aiuto. Ma stavolta, zac: fulminata. Così, da un momento all’altro, senza un preavviso, senza un avvertimento. Panico. E ora? La storia ci insegna che le lampadine, quando sono fulminate, si cambiano: non si può riparare, non ci puoi fare niente. Solo assistere al loro disfacimento, e poi cambiare. Tutto torna come prima. O almeno ti sembra…
Luce
Si sa cosa succede quando si avvicina la galleria. Prima c’è la luce tutto intorno a te, poi in un batter d’occhio, il buio. E puoi solo andare avanti, non indietro. Che ci sia o no la luce, puoi solo andare avanti. Sulla fiducia, o sulle ali della disperazione, ma solo in avanti. Certe volte nel viaggio ti viene il dubbio che la luce torni alla fine. Ma alla fine, come per incanto, eccola. Bentornata, luce.
“Niente vie di mezzo per te… Cieco ottimismo o autocommiserazione”
Come si sceglie un telefilm preferito? In base a cosa decidiamo “mi piace quel telefilm!”? Ve lo dico io come si fa… quando senti che una frase messa li per caso ti si stampa addosso e non ti lascia più… ecco come si fa. Quando distrattamente guardi la televisione, l’ennesima replica di quello che hai eletto a telefilm della tua vita, e ti giri dicendo “ma cavolo, stanno parlando di me?!”… ecco come si fa. Non è neanche una scelta, dopo tutto… come detto, è una cosa che ti si cuce addosso.
Stato di attesa – parte II
Innanzitutto una precisazione: documentandomi (si, mi documento anche) ho appreso che la Spada di Damocle viene usata come figura retorica quando si ottiene un grande potere che però, come altra faccia della medaglia, comporta grandissime responsabilità e rischi. Visto che non è questo il caso, visto che di potere ne ho sotto zero, dovrei cambiare il paragone nel post precedente. Ma visto che il blog è mio e ci gioco io, me ne frego e lo lascio così. Tornando alla realtà della scena, il momento si avvicina… anche se, vuoi degli Amici davvero grandi (e la lettera maiuscola non è un caso), vuoi il rendersi conto di non essere poi così tanto soli, il filo sulla spada mi sembra un po’ più robusto e meno inquietante, a guardarlo. Com’è che faceva quella canzone? I am the God in my own history. The master of the game.
Stato di attesa
La chiamano “Spada di Damocle”. Una cosa che penzola sulla tua testa, sperata da te solo da un filo sottile, pronto a cedere da un momento all’altro e a crearti un numero considerevole di problemi (la gravità e la natura degli stessi spettano al malcapitato). Solo che tante volte non si sa quanto sia esattamente lungo il sopraccitato sottile filo: si aspetta una telefonata da un momento all’altro, o comunque un evento generico che ovviamente (Murphy insegna) arriverà sempre troppo presto per esservi preparati. Nel mio caso la situazione è diversa: io so quanto è lungo quel filo. é lungo esattamente tre giorni e quattro ore, minuto più minuto meno. Chi prenderà parte con me al distacco della spada ovviamente sa benissimo cosa succederà in quel giorno a quell’ora. In più d’uno mi avete consigliato di non fasciarmi la testa prima di essermela rotta… ma la mia testa è già rotta. Ho già visto, quasi vissuto, il momento esatto in cui la mia testa finisce in mille pezzi. È solo questione di tempo. Tre giorni e quattro ore.
Quando meno te l’aspetti
Uno dei sogni più comuni del subconscio umano, credo, è quello di annegare. Tutti sappiamo quanto possono essere realistici i sogni, a volte. Immaginate ora di vivere un sogno in cui state per annegare, in cui credete di sentire la pressione dell’acqua che preme nelle narici, le orecchie che ronzano per la forza dell’enorme massa d’acqua che vi sovrasta. Ora immaginate di aprire gli occhi, credendo che tutto finisca in pochi istanti… e che gli istanti diventano minuti, ore di attesa che la normalità torni ad avvolgervi con la sua calda razionalità. Terrificante. Inizi a perdere il filo di ogni discorso, ogni cosa perde la sua reale dimensione, il tragico diventa comico e viceversa. Sei distrutto, a pezzi, senza più la bussola ne la voglia per ritrovarla. E poi, quando meno te l’aspetti… arriva una mano che si immerge nell’acqua, indugia qualche istante per poi tirarti fuori sicura, e ti consente un respiro desiderato, voluto, anche se raggiunto più per meriti altrui che provi. La massa d’acqua scompare, sono zuppo dalla testa ai piedi ma… respiro. Grazie.
Alla fine della fiera…
…posso dire che una setimana così orribile non la vivevo da tempo immemore. Errori su errori, da tutte le parti, di tutte le gravità e in tutti i campi. Situazioni credute sepolte che tornano a togliermi il sonno, proprio come non volevo; situazioni assestate che vado distruggendo come se “non posso stare bene, se non sto nei casini non vivo“ (e badate bene, questa frase me l’hanno detta, non me la sono inventata…). Non so più dove sbattere la testa, a volte i pensieri si fanno tanti, troppi nella mia mente perché io li possa sopportare. E il gusto di pensare a come sarebbe non pensare affatto, ammetto, mi solletica. Grazie a Dio ho ancora un po’ di razionalità residua per scacciare via dalla mente queste follie abbastanza agevolmente. Almeno per ora. C’è poco da fare, non riesco più a pensare ad altro: non ne azzecco più una, non ho più soddisfazioni eccezion fatta per delle piccole gratificazion a livello lavorativo. Altro che fine della fiera, qua il peggio deve ancora venire. E la voglia di combattere è sempre meno…
La strada vecchia per la nuova
Si, esatto, quella che chi la lascia sa quel che lascia ma non sa quel che trova. E ovviamente, visto il post precedente, si tratta ancora della mia strada calcistica. Di ieri la notizia che il mio tesseramento è rimandato: normale, normalissimo, più che giusto. Non so perchè, ma mi aspettavo di più. Sarà che quando un tuo amico ti chiede per due volte “ma tu sei libero, si?” qualche ideuzza te la fai. Fatto sta che, almeno per quest’anno, questo è l’ultimo treno che ho, e non ho intenzione di perderlo e rimanere fermo, ora che finalmente sto perseguendo il mio sogno, lasciandomi dietro ginocchia fregate e malanni vari. E in qualunque caso sono tra amici, e di conseguenza non ho intenzione di rompere le scatole e magari alimentare frizioni solo per un tesseramento. Devo solo ritrovare un po’ di umiltà, forse con l’esperienza a Genzano mi ero montato un po’ la testa tra un gol e partite da titolare. Testa bassa e lavorare, i risultati arriveranno.