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Il gioco più bello del mondo.

Sono pronto?

Il destino ci s’è messo, stavolta: mercoledì sera altra partita di calcetto, mentre la visita dal fisiatra non arriverà prima di giovedì. Beh, per me sei mesi (più o meno) sono stati sufficienti: ebbene si, rischio. La paura c’è ed è anche tanta, ma questo “edema intraspongioso dovuto a dismetria degli arti inferiori” m’ha già rotto le scatole a sufficienza. Certo, poi se giovedì sento dolore al fisiatra non so come glielo dirò… ma non ce la faccio più. Ho deciso, e vado. Che il ciel mi assista…

Tanti auguri a te!

Mio Dio, che emozione. Prima di tutto una precisazione, ho sforato di qualche minuto ma sappiate che questo post è dedicato al 31 marzo. Ho aspettato fino all’ultimo per partorire un intervento all’altezza della situazione, tanto che ho tardato troppo. Ma so che verrò perdonato. Dicevamo, 31 marzo: che giorno memorabile. Non posso non farti gli auguri… Eh si, due anni fa iniziava la mia rinascita: quest’oggi, a quest’ora, il mondo sarebbe stato di lì a poche ora il mondo sarebbe stato squassato dalla notizia della scomparsa di uno dei più grandi uomini che la storia abbia mai avuto. Ma per quanto egocentrico possa essere, questo tragico avvenimento non c’entra con la questione: a quest’ora, ero steso in un letto a un centinaio di chilometri da casa mia, in una città che ho da sempre considerato nemica ma che era il mio unico rifugio in quei giorni. Devo dire dopotutto che si è comportata bene: nessun intoppo, ne con me ne con mio padre che mi stava vicino in quei giorni. Tornando a me, ero steso in quel letto, lontano da casa con il solo affetto paterno a proteggermi, e quello di qualche familiare che di la si trovava a passare. Ma la battaglia la stavo vivendo dentro, e per quella nessuno mi aiutava: tre tubi che uscivano dal mio ginocchio destro, la coscia completamente rasata, un disegno con un pennarello verde a indicare che era quello l’arto su cui intervenire (meglio essere sicuri, con il servizio sanitario che ci ritroviamo oggi…), una flebo di antidolorifici e tanti sogni. Il giorno dopo mi avrebbero strappato via quei tubi (una sensazione che raramente dimenticherò), e il giorno dopo avrei cominciato a muovere i miei primi nuovi passi. Le lacrime, ingoiate a stento per non far vedere a mio padre la mia tremenda sofferenza, erano scomparse lasciando la scena alla speranza di poter tornare prima o poi come prima. Col senno di poi, forse 730 notti fa non immaginavo quanto sarebbe diventato importante avere oggi il ginocchio funzionante, seppur con qualche limitazione ma che comunque non limita l’attività della mia vita. Fatto sta che io, 730 notti fa, iniziavo un piccolo, grande nuovo capitolo della mia vita. Tanti auguri a te, ginocchio mio. Avremo tante soddisfazioni insieme, ne sono sicuro. Tanti auguri a te.

Quel dolore…

E non capite sempre male! Ok, ho un’anima abbastanza triste, mi deprimo facilmente e spesso vengo a piangermi addosso su queste pagine. Ma stavolta è un dolore dolce, amico, mio alleato. È un dolore che mi ricorda che ieri ho fatto una partita a calcetto. Una partita che per tante persone è solo un’ora di svago. Ma per me è stato un avvenimento. Una partita pressoché perfetta, dove ho tirato fuori numeri che ogni tanto dimentico di avere. Una partita giocata nel ruolo più bistrattato, forse, ma che mi ha dato grandi soddisfazioni ieri. Segnare da centrocampo e sentirmi dire da un compagno “E questo da dove l’hai tirato fuori?!?”, raccogliere i complimenti a fine partita per una vittoria schiacciante… Tutto questo, dopo quei maledetti 19 mesi dopo l’operazione, mi riempie di immensa gioia. Per questo io, quel dolore, lo benedico!

…Avevo ragione!

Eh si. Lo dicevo, due mesi fa: testa bassa e lavorare, i risultati arriveranno. E infatti… dopo tanto sudore, smentite, dimenticanze… eccolo il tesseramento tanto agognato. Sentirsi a tutti gli effetti parte della squadra dove giocano tutti i tuoi amici. Questo, signori miei, è calcio. Viverlo come un’avventura da intraprendere insieme con la gente che conosci da anni, con cui magari hai avuto (e hai ancora) rapporti più o meno felici; ma alla fine sei lì, domenica dopo domenica, allenamento dopo allenamento, a consigliare farti consigliare, a sostenere e farti sostenere. Oltre a questo, c’è un po’ tutto il discorso generale della vita da guardare sotto l’ottica di cui al titolo. Già, testa bassa e lavorare, i risultati arriveranno… oddio, effettivamente non è che ci sia granché di nuovo sotto quell’aspetto. Si, qualche novità… ma niente di definitivo, niente di sicuro, niente di clamoroso. Aspettiamo e vediamo, le situazioni si evolveranno, spero. Ecco perché devo continuare a dire… testa bassa e lavorare, i risultati arriveranno!

La strada vecchia per la nuova

Si, esatto, quella che chi la lascia sa quel che lascia ma non sa quel che trova. E ovviamente, visto il post precedente, si tratta ancora della mia strada calcistica. Di ieri la notizia che il mio tesseramento è rimandato: normale, normalissimo, più che giusto. Non so perchè, ma mi aspettavo di più. Sarà che quando un tuo amico ti chiede per due volte “ma tu sei libero, si?” qualche ideuzza te la fai. Fatto sta che, almeno per quest’anno, questo è l’ultimo treno che ho, e non ho intenzione di perderlo e rimanere fermo, ora che finalmente sto perseguendo il mio sogno, lasciandomi dietro ginocchia fregate e malanni vari. E in qualunque caso sono tra amici, e di conseguenza non ho intenzione di rompere le scatole e magari alimentare frizioni solo per un tesseramento. Devo solo ritrovare un po’ di umiltà, forse con l’esperienza a Genzano mi ero montato un po’ la testa tra un gol e partite da titolare. Testa bassa e lavorare, i risultati arriveranno.

Errori

A quanto pare li fanno tutti. Dei più disparati: chi vince alla lotteria e butta il biglietto, chi sbaglia l’autobus… e chi cambia squadra. Ora avanti, iniziate a dirmi: “ma che cacchio te ne frega!”. Già me l’hanno detto in tanti. E ovviamente tutti avete ragione. Ma non riesco a farmene una ragione… Ok, sono stato troppo impulsivo ad andarmene. Lo ammetto, l’ho già ammesso e non ho problemi nel farlo; d’altronde l’ipocrisia per fortuna non fa parte di me. Però ora? Di certo indietro non si torna, non per ora almeno. Le leggi non scritte della vita dicono che in questi casi, l’unica cosa da fare è “sorridere e andare avanti”. Si, facile a dire. Ce la farò? Devo farcela, non posso mollare una “carriera” calcistica, o presunta tale, a 22 anni. Sarebbe una sconfitta troppo grossa. E poi, diamine, ma tanto scarso sono?