Senza titolo

Già, senza titolo perché se devi stare a pensare per più di due minuti a due o tre parole che descrivano sinteticamente uno stato d’animo senza trovarle vuol dire che quelle parole, sinceramente, non esistono. Nel mio caso non esistono perché quello che ho dentro è talmente sfaccettato, talmente multiplo, talmente diverso e allo stesso tempo uguale che probabilmente non ne basterebbero neanche mille. Ma non sono soltanto le parole che mancano: sono anche le idee, le speranze, la volontà. La volontà di muovermi, ad esempio: sono stato così tanto tempo, sino ad ora, fermo nella mia vita e nelle mie routinarie sicurezze che ho dimenticato come ci si muove, ammessi che l’abbia mai saputo. E il bello è che quando una di quelle persone più uniche che rare che ancora ha la santa pazienza di perdere tempo dietro ai miei deliri me lo fa notare mi permetto anche il lusso di negarlo. Non che non lo abbia, il piano, e sarebbe anche relativamente semplice; in una parola diciamo semplicemente “attuabile”. Eppure, è lì, ma non mi muovo. Perché? Perché la speranza mi abbandona. Si, ok, metto il piano in atto. Ma se non va? Diciamocelo: non può andare, ora come ora. Fino a poco tempo fa, neanche due settimane magari, era lì a portata di mano. E che faccio? Lo mando via. Lo spingo lontano da me, come se non mi importasse, salvo poi accorgermi che era proprio quello che avevo sempre voluto, che mi avrebbe forse reso finalmente libero da ciò che non voglio più essere. E ora sono senza idee per il futuro, ma non solo. Senza forze per crearmele, quelle idee.

Dopotutto, forse è meglio non aver trovato il titolo. Non sarebbero state belle, quelle due o tre parole.

Casa dolce casa

Alla fine, casa è sempre casa. Puoi andartene, cambiare lavoro, cambiare vita, ma casa è sempre casa. Ti ci sei sentito a tuo agio, hai abbassato le tue difese tra quelle quattro mura confortevoli, rassicuranti, solide da non permettere a nessuno di entrare se non invitato. E quando ci torni basta poco perché il tempo che hai passato lontano da essa, per quanto lungo sia stato in realtà, si contragga e si riduca a poco più di niente. Torni a sentirti a tuo agio protetto da tutto e da tutti. Capita addirittura che prendi il rischio e inviti qualcuno a condividere quella pace e quella serenità che sono si benedette, ma che è anche bello oltre che giusto condividere; qualcuno che magari neanche conoscevi fino a poche ore prima di rigirare la chiave nella serratura, ma che ti chiedi come mai non conosci da una vita. Torni anche ad arredarla, quella casa che per un po’ è rimasta spoglia e in cui la polvere ha iniziato insolentemente a ritagliarsi sempre più spazio: dai una ripulita, compri qualche nuova suppellettile, butti quelle rovinate. Metti la musica, quella giusta, ti siedi sul divano che hai appena rassettato, chiudi gli occhi.

Perché te ne eri andato, alla fine?

Non fa male! Non fa male!

Balle.

Fa un male cane, altro che. Soprattutto quando quello che sai è diverso da quello che senti. Quando quello che ti dicono non è quello che credono. Quando metti anima e corpo, ma più ti muovi e più affondi, come la più classica delle sabbie mobili.

E allora ti chiedi: perché muoverti? Perché non lasciarti semplicemente annegare, e mettere fine allo stillicidio di delusioni e rospi da ingoiare volta dopo volta?

Perché hai persone che credono in te, al tuo fianco. E allora, visto che dici di amarle, visto che dici che siano insostituibili, lo fai per loro. Perché possano guardarti negli occhi, perché non debbano avere vergogna di te. E poi perché, in fin dei conti, facendolo per loro lo fai anche per te.

Another year has left my life

O quasi, per lo meno…

Come al solito, le mie smanie tornano ciclicamente a scombussolare la mia vita. Dopo quella di Neverwinter Nights, fresca fresca di settimana, ecco pronta anche quella del blog.

E quindi ricominciamo tutto: pagati i 1200 crediti a Netsons che corrisponderanno più o meno ad un anno tondo tondo di hosting, ma non prima di aver consultato amici bloggatori e pezzi importanti della mia vita.

I cambiamenti, nel frattempo, sono stati abissali: l’ultimo post veniva scritto, se ben ricordo, dalla mia scrivania in quel di Carsoli con tante speranze e probabilmente ancora un bel po’ di entusiasmo residuo derivato dalla relativamente recente assunzione. Quasi un anno dopo di quell’entusiasmo non ho neanche il ricordo. Di cose probabilmente ne ho imparate tante, ma forse non quante ne volevo imparare affacciandomi in questo mondo.

Anche intorno a me ci sono stati cambiamenti, uno in particolare. Non è sicuramente il caso di parlare di meglio o peggio… ma senza ombra di dubbio si tratta ora di situazioni diverse. Quelli che forse non sono cambiati, ma forse si sono solo leggermente diversificati, sono i miei sogni. Che resteranno tali per chissà quanto.

Se siete arrivati fin qui… beh, complimenti, avete davvero fegato. Il riassuntino l’ho fatto, e come tutti i riassunti che si rispettano da solamente una vaga idea su ciò che è stato. Ma è questo il bello, altrimenti vorrebbe dire che in undici mesi non ho fatto praticamente nulla. Meglio pensare al futuro…

…Ancora?!?

Eh si, ancora. Ci riproviamo: nuova veste, si spera anche nuovi temi. Basta parlare di me: già vivo con me stesso 24 ore su 24, parlarne anche mi sembra davvero troppo. Proverò invece ad essere anche minimamente utile, parlando di tutto un po’, sperando di riuscirci. Fino a quando non mi stufo nuovo, of course.

26 giorni dopo

Certo, non andrò al cinema per soli due giorni, ma comunque di cose ne ho vissute parecchie anch’io di questi tempi. Ho macinato chilometri, cambiato case, incontrato gente che non vedevo da tempo (fino a dieci anni, addirittura, eh cugina? :)) e dormito quanto ho potuto. Ora, grazie a degli amici che mi fanno sentire più a casa di quanto mi senta a casa mia, da Grottammare ripartirà (credo) la costruzione della mia vita. Ma rispettando rigorosamente le normative antisismiche.

Ciao, amico mio

Non potevo non fare, non dire qualcosa per te. Non sono potuto esser li, venerdì scorso, perché sono scappato in Sicilia per portare in salvo la mia famiglia; scappato in modo comunque quasi codardo, colpevole di aver lasciato la mia città e miei amici nel momento del bisogno. Tento di porre riparo ora, anche se riparo a ciò che mi e ci aspetta non c’è. Inutile sottolineare quanto speciale tu fossi: sarebbe solo un inutile spreco di parole e pensieri, presi in gran parte in prestito a frasari di consueto abuso in circostanze come queste. So che, nella tua bontà e nel tuo altruismo, continuerai a vegliare su tutti noi che ti abbiamo amato, ti amiamo e ti ameremo tanto. Sapere che resterai unito per sempre al tuo amore, anche lei strappata da questo mondo di sofferenze, un po’ mi consola; dopotutto il nostro dolore non è altro che la consapevolezza di non poter più godere delle tue battute, delle tue risate, del tuo animo solare. Pur se negli ultimi tempi le occasioni per stare insieme si erano ridotte sempre più, sappi che il vuoto che lasci in me è enorme, e continuerà ad allargarsi sempre più ogni secondo che passa. Ma sarà il tuo ricordo a darci la forza di andare avanti, nell’attesa di ricongiungerci tutti alla fine, magari per quell’ultima partita di calcetto che giocheremo in cielo.

Ciao, Francesco.

…E ora?

Chi mi conosce, sa di me una cosa sopra tutte: sono un insicuro. Ho bisogno che la mia vita poggi su basi solide e abitudinarie: basi pensare che ho pranzato per settimane con lo stesso pasto senza sentire neanche l’esigenza di cambiare. Bene, in quella ormai famosa notte del 6 aprile scorso (ma guardatemi, ne parli come se fosse già passata uma vita e mezza…) posso dire di aver visto crollare quelle fragili fondamenta che sostenevano la mia vita. Certo, sto bene e tutti lo stiamo in famiglia. Però ora, quando la “vacanza” inizia a volgere al termine, inizio ad avvertire ciò che sarà il futuro: un eterno, enorme, infinito dubbio. Dove andare? Dove completare gli studi? Dove continuare la mia vita? Avrò una vita da continuare? Se qualcuno avesse una o più risposte alle sopracitate domande, è pregato di segnalarle. Si ringrazia per la cortese collaborazione.

La magia è ancora in piedi

Come si fa a capire che, dopo una tale devastazione, è ancora possibile fare qualcosa per tornare a vivere? Per quanto mi riguarda, mi affido alla magia. Gli ingredienti, questa volta, sono i seguenti (in ordine sparso):

– Notte;
– Un’automobile da condurre, senza passeggeri;
– Il brano “Frail” di The Gathering, dall’album “How To Measure A Planet?“;
– La Strada Statale 194, nel tratto iniziale tra Modica e Marina di Modica.

Non credevo che dopo quei crolli e quelle vite spezzate qualcosa potesse essere anche lontanamente somigliante a prima. Invece, durante quei cinque minuti e quattro secondi, non c’era in me e intorno a me alcuna traccia di ciò che era successo. Persino le lucine erano al loro posto, all’orizzonte.

Pensieri Sparsi In Ordine Sparso 2.0